\paperw8895 \margr0\margl0 \plain \fs20 \f1 \fs24 Il concilio di Trento (1545-63) intese fissare il dogma cattolico nei punti in cui il protestantesimo aveva rinnegato principi t
radizionali, o interpretato in modo nuovo la Sacra Scrittura e i Padri della Chiesa.\par
Il concilio conferma il simbolo della fede; fissa lÆelenco dei libri ispirati, il dogma del peccato originale, della sua trasmissione, dei suoi effetti, di quelli d
el battesimo, il dogma della giustificazione e dei suoi frutti (condanna del principio luterano della giustificazione per la sola fede, indipendentemente dalle opere, nonchΘ, con formula prudente, della credenza nella predestinazione alla salvezza; affer
mazione del libero arbitrio persistente pur dopo il peccato originale); pubblica il decreto sui sacramenti, istituiti tutti e sette da Cristo, e quello sullÆEucaristia; determina del pari la dottrina del sacramento della penitenza, la dottrina del sacrif
icio della messa, quella dellÆordine sacro, la dottrina del matrimonio (Φ sacramento, Φ monogamico e indissolubile), quelle del purgatorio, dellÆinvocazione e venerazione dei santi, del culto delle reliquie e delle immagini, delle indulgenze. LÆopera si
svolge con la cooperazione dei maggiori esponenti della Chiesa (i cardinali Giovanni Morone, Reginald Pole, Marcello Cervini, i domenicani Domingo de Soto e Ambrogio Catarino, Gerolamo Seripando), e offre naturalmente modo di manifestarsi a quelle divers
itα di concezioni che esistevano in seno alla Chiesa e si polarizzavano nei vari ordini religiosi.\par
La riforma disciplinare era esigenza manifestatasi in seno alla Chiesa giα nel tempo del grande scisma, ma la rivolta di Lutero la pone allÆordine del
giorno, e i papi non ristanno dallÆelaborare programmi riformatori. Anche in questo campo il concilio svolge opera essenziale con i decreti \i de reformatione\i0 . Cos∞ esso dα norme perchΘ la scelta dei cardinali e dei vescovi cada sempre sui pi∙ degni
; impone ai vescovi e a quanti hanno cura dÆanime lÆobbligo della residenza; inculca ai cardinali e ai vescovi la vita modesta, e condanna il nepotismo. Vieta il cumulo dei benefici curati, dα norme per accrescere lÆautoritα e il prestigio dei vescovi, p
er migliorare il clero, imponendogli tra lÆaltro di portare sempre lÆabito chiericale. Ma lÆopera della riforma non si esaurisce nel concilio: fuori di esso, i papi danno infinite disposizioni volte a evitare il continuarsi di mali, per lo pi∙ da lunghis
simo tempo deplorati, ma ai quali non si era mai riusciti a porre riparo. Ai papi si affiancano i vescovi. San Carlo Borromeo, s. Alessandro Sauli, i beati Paolo Burali dÆArezzo e Giovanni Giovenale Ancina, il cardinale Gabriele Paleotti e altri danno op
era al risanamento delle diocesi, combattendo i cattivi costumi dei preti e la dissolutezza dei religiosi, cercando di togliere dal confessionale e dal pulpito glÆindegni e quelli la cui ignoranza potrebbe essere di scandalo; promuovendo o quanto meno co
nservando le confraternite e gli altri istituti religiosi del laicato, ma sottoponendoli alla supremazia dellÆautoritα ecclesiastica. In seno al laicato, essi perseguono le meretrici, i concubinari, spesso anche i commedianti, fanno osservare le feste, o
ttengono la punizione dei bestemmiatori e, dovÆΦ possibile, dei duellanti. Di particolare importanza si palesa la formazione del clero. I seminari, prescritti dal concilio tridentino, debbono significare anzitutto la fine dellÆabuso, largamente praticato
, di ordinare sacerdoti deglÆincolti, sol che conoscessero un poÆ di latino, e rappresentare una garanzia morale del clero. Ma essi sono anche una garanzia dÆindipendenza ecclesiastica, perchΘ comportano che lÆeducazione dei chierici si compia in istitut
i sottoposti esclusivamente allÆautoritα della Chiesa, e dove non penetrano dottrine da questa respinte.
